AA.VV.
Il termine “voluntary”, preso alla lettera, indica un brano organistico, scritto o improvvisato, eseguito “a volontà”, “a piacere” dall’organista. Tale termine, applicato all’arte musicale, si trova già a partire dalla metà del XVI secolo, indicante una composizione strumentale nella quale l’esecutore può aggiungere qualcosa di suo alla traccia scritta dal compositore. In sostanza i primi voluntary sono delle fantasie o ricercari che però non utilizzano un cantus firmus proveniente dall’ambito liturgico, ma un cantus firmus composto liberamente dall’autore. Interessante notare come Burney defini il voluntary: “un brano suonato estemporaneamente da un musicista, secondo la sua fantasia” e spesso utilizzato dal musicista quasi “per preparare se stesso a suonare qualsiasi altra composizione, per provare lo strumento o per portarsi nella tonalità del pezzo che intende eseguire”. In questo senso avvicinandosi al “preludio”, al “capriccio”, alla “fantasia” e all’ “improvviso”.
INDICE
Maurice Greene (1696-1755), Voluntary II
tratto da Twelve Voluntarys for the Organ or Harpsichord,
London, s.e, s.d. (1779)
John Beckwith (1759-1809), Voluntary III
tratto da Six Voluntaries for the Organ, Harpsicord, Etc,
Composed by John Beckwith Organist,
London, Longman & Broderip, for the Author, 1780
William Russel (1777-1813), Voluntary VI
tratto da Twelve Voluntaries for the Organ or Piano-Forte
Composed by William Russel Mus. Bac. Oxon.,
Organist of the “Foundling Hospital” and “St Ann’s Limehouse”,
London, S.J. Button & J. Whitaker, 1812
Samuel Wesley (1766 - 1837), Voluntary II
tratto da Twelve Voluntaries, Op.6,
London W. Hodsoll, n.d. (Nos.1-6) e London, Rt. Birchall, n.d. (Nos.7-12),
pubblicati tra 1805-1818 First edition
Henry Thomas Smart (1813-1879), Introductory Voluntary
tratta da Original Compositions for the Organ by Henry Smart, vol 15
London Novello Ewer & C.o, , s.d.