A boy is born in Bethlehem

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Christmas carols for organ

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Spesso è più semplice fare musica che descriverla. I «Carols» sono uno dei repertori ai quali ci dedichiamo da decenni, forse precursori (insieme a pochi altri) di queste scelte di repertorio già dalla fine
degli anni ’80 del secolo scorso. In Friuli, in vista di un concerto natalizio e delle successive celebrazioni tra i primi abbiamo proposto «Hark! The herald angels sing» con il suo discanto nella versione arrangiata
da sir David Willcocks.  Provate a cercare sul web una registrazione video proprio di «Hark! The herald angels sing» fatta nella Cattedrale Londinese di St. Paul nella citata elaborazione. Il Direttore con un movimento sobrio ed elegante si rivolge prima a coro e orchestra, poi all’assemblea che letteralmente inonda le navate del tempio religioso. Un delicato gesto della bacchetta. Un preciso levare, l’orchestra inizia e … tutti cantano. Tutti!
Questo è il «Carol». Tecnicamente si tratta di un canto festivo, non sempre correlato alla celebrazione liturgica. Il Carol ci riporta a una serie di molteplici definizioni e relazioni: contenuto narrativo, contemplativo
o celebrativo, spirito semplice e forma strofica. Oggi, ormai nell’immaginario collettivo, il carol si identifica con il repertorio di canti per l’Avvento e per il Natale. Più raramente per il periodo di Pasqua.
Il termine, etimologicamente, deriva da una forma profana, da un tipo di danza fatta in cerchio da cui, per evoluzione del termine «circle» si arriva alla parola «carol». Da qui poi il carol viene utilizzato per la
creazione di celebrazioni religiose, anzi per quello che il mondo anglosassone definisce «festival», evento che propone letture, preghiere e soprattutto canti, ovvero carols, ove è frequente e importante la partecipazione
assembleare.
 

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